PRODOTTI TIPICI E STORIA

IL PANE

Se la regina della tavola è la pasta, il pane è il suo degno consorte. Confezionato con farina di grano duro, alto un palmo, dalla mollica compatta e dalla crosta color ombra, cotto al forno di pietra, è ottimo abbrustolito e insaporito con aglio, pomodoro, sale, olio e origano. Diverse sono le interpretazioni del pane: le “pucce” con le olive, i “pizzi” (pagnotte molto basse, impastate con pomodori, cipolla, capperi, olive nere e in alcuni casi anche peperoni, e zucchine cotti nel forno a legna.

Una preparazione tipica salentina è la frisella (frisa), la quale, è consumata bagnata nell’acqua, ma non tanto e in seguito viene condita con pomodoro fresco, sale, olio e aggiungendo, a seconda dei gusti, foglie di rucola o di origano.

L’OLIO D'OLIVA   

Il trionfatore della cucina tradizionale e della dieta mediterranea, è senza dubbio l’olio extra-vergine d’oliva, frutto dei secolari ulivi che spesso è l’aspetto di millenarie sculture naturali.

Le immense distese d’uliveti secolari costituiscono, infatti, l’anima del paesaggio salentino. L’olio extra vergine d’oliva è capace di esaltare e di nobilitare qualsiasi pietanza dalla più semplice alla più elaborata.

L’olio che se n’estrae ha un forte sapore di ruttato ed all’inizio è verdognolo. Mentre a maturazione assume un colorito giallo, acquistando un sapore armonico che lo rende di gran qualità. L’olio è indispensabile ed è usato da consumatori d’ogni età per la digeribilità. E’ consigliato da dietologi, per gli intrinseci aspetti salutari: combatte il colesterolo (è un potente ossidante); è consigliato ai soggetti diabetici, ai bambini perché n'aiuta lo sviluppo e agli anziani perché riduce l’invecchiamento. Quest’autentico nettare dalle ormai riconosciute proprietà medicamentose si ottiene dalle olive della varietà “Cellina”. Quest’ultima varietà presenta un’acidità massima del 0.80 %, un sapore fruttato e delicato con leggera percezione di piccante e d’amaro.

Il metodo di spremitura più comune avveniva ovviamente nei frantoi ipogei, detti ”trappiti”.

La presenza dell’olio in questa regione risale ad otto mila anni fa, ma certamente furono i Messapi, insediatisi nel Salento nel primo millennio a.C. seguiti da Greci e Fenici.

Il pregiato olio salentino, noto già dai tempi dei Romani, dà luogo ora ad un fiorente mercato nei principali porti salentini: questi diventano centri d’importanti attività commerciali per l’esportazione dell’olio in tutta Europa.

Col XVI secolo inizia un periodo di generale decadenza economica e sociale dell’intera penisola e del Mezzogiorno d’Italia, che si protrarrà oltre la caduta del Regno delle due Sicilie.

Pur tra tante vicissitudini, l’olio resta nel corso dei secoli elemento fondamentale per l’economia rurale.

 VITI, UVE E VINI     

Al comparto olivicolo – oleate seguono, per importanza economica e sociale, la viticoltura. Gli imprenditori di circa 100 aziende e di vigneti di 5000 ettari, riescono a realizzare una produzione di vini del valore finale pari a 100 milioni d’euro.

Trattasi di valori espressi da un’ampia base ampelografica che, favorita dal sottosuolo calcareo, si caratterizza di 15 denominazioni d’origine controllata e di una trentina di vini pregiati, affermatisi con gli originari vitigni “uva di troia” dei Dauni, “primitivo” dei pauceti e “Negro Amaro” dei Messapi.

 Soprattutto nelle terre a vocazione viticola, nelle terre interessate da vigneti obsoleti (per età e per tecniche culturali superate) si attuano ripieni di vitigni con varietà raccomandate per produzioni di sicuro pregio. Tra i vitigni per uve bianche, si sono di recente affermati quelli di Chardonnay, Pinot, Riesling, Sauvignon.

Tra i nuovi vitigni per uve nere degni di menzione sono soprattutto il Cabernet al Pinot nero.

A completare il panorama ampelografico concorrono le cultivars per uve da tavola, quali Italia, regina, regina dei vigneti, regina nera, poalieri, nonché le varietà “apirene”.

Queste ultime sono 18 e sono già state iscritte nell’apposito registro del Ministro dell’agricoltura; avranno una diffusione programmata nel prossimo futuro ed andranno ad arricchire il panorama della viticoltura. L’intero scenario produttivo in continuo aggiornamento con gli apporti della ricerca, fornisce annualmente due milioni di quintali di sola uva da tavola, che assume importanza e dignità di settore integrato nell’economia salentina, attivando una fiorente corrente esportativa.       

E’ così che il Salento viticolo presenta al mondo una tipica produzione d’elevatissimo pregio, qual è appunto la sua uva da tavola, apprezzata sui mercati europei.

La produzione salentina d’uva da tavola rappresenta il 20% dell’intera produzione nazionale. E’ salentina ben il 25% dell’uva esportata dal nostro paese (soprattutto all’estero).

Gli sforzi degli operatori del settore sono oggi orientati a migliorare gli aspetti qualificativi del prodotto.

Sono adottate moderne tecniche produttive.

Le uve da tavola maggiormente coltivate sono: la varietà Regina dei Vigneti, Regina Nera, Panse Precoce, Palieri, Ohanez, Lavallèe e Cardinal.

La nostra uva da tavola, oltre a riempire le tavole italiane con i suoi grappoli freschi, serve pure a confezionare “mostarde” o marmellate.

L’uva, consumata allo stato fresco, assicura all’organismo principi nutrivi, valori energetici ed elementi di notevole e insostituibile importanza.

La produzione d’uve da tavola non è interamente assorbita dai mercati per il consumo allo stato fresco. Una certa aliquota di prodotto è destinata alle produzioni di succhi d’uva e di mosti concentrati e rettificati.

 Le quantità d'uva da tavola avviate alla vinificazione, vanno destinate, in conformità con le disposizioni delle competenti autorità regionali ed europee, alla distillazione, per la produzione d'alcool.

I mosti di “Regina” alimentano le tradizionali produzioni familiari di “vincotto”. Aggirandosi, durante i giorni di vendemmia, per le vie dei centri di produzione, non è infrequente sentirsi avvolti negli odori dei mosti in ebollizione nei capaci paioli sui tronchi accesi di ceppi d’ulivi secchi (10 l di mosto, attraverso l’ebollizione, si concentrano in 3 l di vincotto).

Il vincotto secondo le tradizioni salentine è un vero elisir di lunga vita. Esso è ricostituente, è medicina per cure di stomaco, intestino e reni, è ingrediente di piatti agricoli, dei dolci come “cartellate, scazzateddhe, pittule, mustazzuoli”; dei liquori alla marmellata e del piatto tipico preparato nelle ricorrenze festive dei morti, cioè “u grane cuelta”. Quest’ultimo si compone in incomparabile sintesi: caratteri organolettici dei pregiati granulati di mandorle e noci secche, di grano e di melograno maturo e il vincotto agisce da legamento naturale di sapori e profumi tenui e delicati al palato, fine di tanti elementi nutritivi ed energetici.

La spiccata tradizionale viticola regionale, è ormai di rinomanza internazionale perché, le cantine cooperative e le case vinicole delle gloriose tradizioni lavorano, uve che garantiscono produzioni di vini rossi robusti, maestosi e carichi d'umori; rosati brillanti, armonici e vogliosi; bianchi delicati, generosi, nervosi e franchi, oltre gli amabili vellutati a cominciare dal moscato fino agli spumanti a fermentazione naturale.

  vini capziosi del Salento, nel passato, hanno dato energia ai muscoli che resero produttivi anche la terra degradata dai disboscamenti e dagli abbandoni; hanno reso più sopportabile la sfida quotidiana alla malaria;hanno arricchito le calorie, i pranzi frugali, con pane casereccio, raffermo e formaggio pecorino e i pranzi di pane cipolla dell’eterno povero, hanno agevolato le strategiche meditazioni dei viticoltori preoccupati per le avversità meteorologiche o dalle sfavorevoli manovre di mercato.

Oggi, essi continuano ad esaltare il carattere raziocinante della coltura chiusa e severa del mondo agricolo e rurale.

Questi vini, con il loro carico d'alcool, d'acidità fissa, di vitamine, di elementi minerali e di sostanze aromatiche presentano pregi che li rendono “medicine”, ricostituenti i fragili corpi dei vini delle regioni settentrionali italiane e di quelle francesi ed europee. I pregi dei nostri vini, già riconosciuti dagli antichi romani, apprezzati dal grande Federico II, analizzati positivamente da nutrizionisti e consigliati da enogastronomi autorevoli, continuano a riscuotere nella loro veste moderna notevole successo in tutta Europa.

Con questi risultati e con quelli più ambiziosi da raggiungersi nell’immediato futuro, la Puglia vitivinicola, dimostra che l’intelligenza, coniugata alla volontà e alla solidarietà, può rendere feconde persino le zolle riarse dal sole per 300 giorni l’anno.